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CLARA MOSCHINI

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Cosa si può imparare dal flop di ITA

La causa in tre aspetti, situati a livello politico, manageriale e sindacale

Ci sono tre aspetti, situati a livello politico, manageriale e sindacale, che hanno causato il sostanziale fallimento del progetto ITA. 

A livello politico, nel 2020 si decise per la nazionalizzazione dell’Alitalia (poi ribattezzata ITA), poiché si considerò questa azienda strategica per il Paese. Tuttavia, la politica diede una soluzione sbagliata ad un problema che non aveva capito, tanto che la compagnia di bandiera è stata alternativamente privatizzata o nazionalizzata per lo stesso motivo: perché è gestita male.

Senza fare analisi, la politica si è concentrata così a cercare soluzioni sparando nel buio. Eppure esistono analisi prodotte da professori e manager di questo settore che sono fondate elementi oggettivi e che indicano chiaramente le ragioni del dissesto.

I motivi sono, infatti, largamente endogeni, causati da strutture di costo regolarmente fuori mercato, come carburante, leasing e manutenzione. È questo il vero vaso di Pandora, rappresentato dalla contabilità aziendale, che nessuno ha mai voluto aprire.

Il rapporto tra politica ed Alitalia è di lunga data, ma dal 2017 sono state inanellate una serie di decisioni sbagliate con metodo quasi scientifico. Infatti, Carlo Calenda, ministro del Mise (Sviluppo economico, NdR) nel maggio 2017, decise di metterla in vendita senza neanche provare a ristrutturarla. Si limitò ad elargire un prestito di 600 milioni (illegittimo, tanto da essere sanzionato come aiuto di Stato dalla Ue) a cui poi aggiunse in modo ancor più bizzarro altri 300 milioni solo pochi mesi dopo. 

Il Movimento 5 Stelle, da parte sua, dal 2018 ha avuto per alcuni anni in mano il dossier, perdendo tempo su progetti di riforma strampalati, affidati a persone, come la senatrice Lupo, una ex-hostess, che pur mancando delle elementari basi per comprendere il sistema del trasporto aereo è stata considerata dai suoi compagni di partito l’esperta alla quale affidare la gestione di questa complessa vicenda. Altri tre anni buttati al vento.

Il Governo dei tecnici da parte sua non è che abbia brillato particolarmente, aggravando la situazione con nomine bizzarre, cioè un presidente che non aveva mai visto un aereo ed un ceo che non aveva mai gestito una compagnia aerea prima d’ora. Tutto ciò durante la più grave crisi mondiale che il settore abbia mai conosciuto. 

Oggi vediamo i risultati di nomine basate sull’appartenenza e non sulle competenze.

A pochi mesi dalla partenza, il 15 ottobre 2021, il Governo ha deciso di privatizzarla, svendendola di fatto agli stranieri. Ora, come mai nell’arco di quattro mesi un asset ritenuto strategico diventi sacrificabile, concedendolo non solo ai privati, ma addirittura a concorrenti stranieri, non è stato mai spiegato, né si comprende quale sia il razionale.

Oggi, Fratelli d’Italia, che i sondaggi danno come favorita per la vittoria alle prossime elezioni, ha espresso la propria contrarietà a questa cessione e la domanda sorge spontanea: come può un imprenditore investire centinaia di milioni di Euro nell’acquisizione di un’azienda nella quale il Governo italiano manterrebbe comunque la "Golden power"? Quindi, su ogni decisione il Governo potrebbe porre un veto, alterando di fatto le strategie aziendali, dando vita di fatto ad una "leonina societas".

L’unica via di uscita che la politica può immaginare oggi è nominare persone che abbiano esperienza in questo settore, che l’"Economist" definisce il più complesso dell’intero panorama industriale, per far funzionare un’azienda che è sì strategica, ma proprio per questo deve essere condotta da mani sicure e non da improvvisati politici e/o da manager incompetenti. 

red - 1246913

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