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Vettori aerei. La nuova vecchia storia di Alitalia

Uno degli ultimi capitoli, se non proprio il finale scritto male, del lungo romanzo dell’aviazione italiana

Nel 2006 Alitalia ancora viveva la profonda crisi del trasporto aereo innescata e mai recuperata dopo l’attentato delle Torri gemelle del 2001. Dopo aver tentato la strada della gara pubblica, fallita per l’inappetibilità della compagnia di bandiera, si passa a trattativa privata con Air France.

Dopo la fusione con Klm il vettore aereo francese sarebbe stato disposto a rilevare il 49,9% di Alitalia promettendone il rilancio con un limitato numero di esuberi ed accollandosi il debito pregresso.

Ma la concomitante campagna elettorale, durante la quale Silvio Berlusconi ritenne fosse necessario salvaguardare l’italianità della compagnia, fa desistere l'aviolinea transalpina.

Così nel 2008, dopo che il cda Alitalia porta i libri in tribunale, si fa avanti la cordata dei capitani coraggiosi. Nasce Cai (Compagnia aerea Italiana), guidata da Roberto Colaninno insieme ad altre circa 30 personalità rappresentative del mondo industriale e finanziario italiano. Questi si fanno avanti sorretti da non pochi istituti bancari e con il placet di molti, convinti di salire anzitempo sul carro dei vincitori. 

Cai poi fallisce ed i capitani abbandonano la nave, arrembata nel 2014 da Etihad. Ulteriormente depauperata da quest’ultimo arrembaggio, nel 2017 arriva l’amministrazione controllata.

Poi il Covid che, mutatis mutandis, addirittura salva Alitalia vestendola da ITA. Ora la recente proposta di Lufthansa e Msc.

Msc, prima compagnia di gestione di linee cargo a livello mondiale, è di proprietà di Gianluigi Aponte. Gianluigi Aponte che faceva parte della stessa cordata dei capitani coraggiosi che, come detto poco fa, già a suo tempo iniziarono l’opera di risanamento scaricando la "bad company" addosso agli italiani rilevando solo la parte buona di Alitalia. 

Stante quindi l’adagio gattopardesco del "tutto cambia perché nulla cambi", un’importante discontinuità con la passata esperienza potrebbe essere l’attuale relativa ingerenza della politica. Se nel 2008 il Governo italiano fu in grado di mettere in campo un’azione di coordinamento industriale più propagandistica che effettivamente efficace sul piano dell’operatività aeronautica, a tutt’oggi le mutate condizioni sociali e finanziarie dell’intero sistema socio-economico hanno cambiato le carte in tavola. 

Potrebbe infatti essere difficile approcciare ITA senza un piano industriale estremamente concreto, che purtroppo però potrebbe non essere propriamente a favore della compagnia italiana.

Quello che fa gola, così come in passato per Etihad lo erano Fiumicino e solo alcuni asset Alitalia, potrebbero essere solo delle contingenze di ITA: un network in ogni caso già presente, aerei sì di proprietà ma in capo a Challey ltd, società controllata con sede in Irlanda, la prossimità con il mondo politico italiano che mai fa male nel nostro Paese.

In ogni caso forse ITA sarà uno degli ultimi capitoli, se non proprio il finale scritto male, del lungo romanzo dell’aviazione italiana.

red - 1242023

AVIONEWS - World Aeronautical Press Agency
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