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CLARA MOSCHINI

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La strana vicenda dei sindacalisti di ITA

Per il flop oltre a politica e management

Negli articoli precedenti abbiamo individuato i principali responsabili del flop di ITA: politica e management. Tuttavia a questi due elementi occorre aggiungere un ulteriore attore che ha contribuito alla produzione di questo risultato: i sindacati. Anzi, i sindacalisti. 

Già, perché sarebbe ingeneroso attribuire al sindacato in astratto la responsabilità di questa falsa partenza. Teoricamente dovrebbe essere il tutore dell’interesse dei lavoratori, ma parafrasando ciò che si diceva del comunismo, cioè di aver applicato la dittatura sul proletariato, anche qui non siamo molto distanti. Sono più di vent’anni che i sindacalisti in Alitalia concedono deroghe, riduzioni di stipendio ed aumenti di produttività con i risultati che tutti vedono, cioè fallimenti ripetuti e compagnia in rosso permanente. 

La partenza di ITA ha visto per l’ennesima volta comprimere il costo del lavoro, con un contratto che arriva ad una perdita del 40% rispetto al precedente, e che tra l’altro era già competitivo nel mercato del lavoro. Ovviamente, i lavoratori si sono inizialmente ribellati a questo approccio, con delle proteste veementi che hanno portato a riaprire il dialogo tra azienda e sindacati. 

Si è riaperto il dialogo tra management e sindacalisti con il risultato di aumentare la quota di remunerazione concessa ai permessi sindacali (già abbondantemente sopra ogni criterio nella vecchia Alitalia) che attribuiscono ore di volo fittizie al sindacalista che auto-dichiari di svolgere attività sindacale. 

Ma oltre questo aumento incomprensibile (?) si aggiunge anche la promozione alla posizione di comandante di tutti i sindacalisti (ed i loro sodali) che hanno firmato quell’accordo. Sarà dovuto al fatto che i rappresentanti sindacali erano tutti primi ufficiali?

Tutto ciò però avviene in presenza di centinaia di comandanti già pronti nel bacino della cassa integrazione che avrebbero rappresentato un risparmio economico ed una maggiore affidabilità per la grande esperienza accumulata. Quindi, non è chiaro il motivo per cui si spendono soldi in più del contribuente per far contenti alcuni rappresentanti sindacali. 

Tra l’altro, gli avanzamenti non hanno rispettato alcun criterio condiviso, per cui molti primi ufficiali anziani si sono sentiti scavalcati ingiustamente dai sindacalisti (ed i loro sodali) che erano molto dietro nella lista di anzianità, alimentando un malcontento di difficile gestione.

Infine, le modalità di promozione sono state perlomeno curiose, accorciando il corso comando, che prima durava almeno sette-otto mesi, a poco più di un mese. Sarebbe ingeneroso attribuire la serie di eventi negativi che hanno coinvolto equipaggi ITA dalla sua partenza a questa ondata di nuovi comandanti. Abbiamo assistito nel breve arco di tempo dalla nascita di ITA ad eventi come il licenziamento di un comandante per essersi addormentato, sfinito dalla stanchezza indotta da un turno massacrante (ed in deroga rispetto alle regole europee), lo scontro a terra tra un’ala di un A-330 di ITA ed un aereo Air France (rimasto poi danneggiato per una settimana a New York), o ancora il velivolo che ha perso olio e ceppo freno durante il decollo, tornando alla base di armamento dopo aver volato più di tre ore. 

La partenza di una nuova compagnia deve essere accompagnata da stabilità, efficienza e sicurezza. Mettere in moto tutto il sistema addestrativo subito dopo la partenza delle operazioni induce un elemento di rischio aggiuntivo, come dimostrano questi eventi. Le persone che cambiano ruolo, aereo o funzione sono sottoposte ad uno stress addizionale e non affrontano con la consueta serenità le missioni di volo. 

Se poi aggiungiamo che arriveranno anche neo-assunti con poca esperienza di volo, che saranno accoppiati a comandanti appena nominati, su aerei mai stati prima in flotta come l’A-350 o l’A-220, ci rendiamo conto che la matrice di rischio non può essere la stessa presente nella vecchia Alitalia, dove comandante e copilota accumulavano trentamila ore di volo in cabina di pilotaggio. 

Gli accordi sottobanco ci sono sempre stati tra management e sindacati. Piccoli favori nascosti da meritocrazia potevano essere tollerati da entrambe le parti. Quello che c’è di nuovo è che i sindacalisti sanno di fare un torto ai propri colleghi, passando avanti in lista di anzianità, godendo di un trattamento di riguardo per il corso comando, o addirittura facendo un passaggio macchina in più per svolgere poi il periodo di prova da comandante su un aereo di lungo raggio. Prima queste cose avvenivano sottobanco, oggi avvengono alla luce del sole perché nessuno se ne vergogna più. 

Sull'argomento vedi anche la notizia pubblicata da AVIONEWS

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AVIONEWS - World Aeronautical Press Agency
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