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CLARA MOSCHINI

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L'Everest liberato dai rifiuti con l'aiuto dei droni

Progetto pilota sulla montagna più alta del mondo, e il mese prossimo tocca al Monte Manaslu

Aerei droni specializzati hanno trasportato tonnellate di spazzatura e attrezzature vitali, garantendo maggior efficienza e sicurezza per alpinisti e guide

La montagna più alta del mondo sta affrontando una sfida cruciale per la sua conservazione grazie a un'innovativa soluzione tecnologica. Durante la stagione di arrampicata primaverile, terminata lo scorso giugno, un team di specialisti ha utilizzato aerei droni pesanti per rimuovere centinaia di chilogrammi di rifiuti dall'Everest, riducendo l'impatto ambientale e i rischi per le spedizioni. L'operazione segna un punto di svolta nella lotta contro l'inquinamento che ha valso al maestoso picco l'appellativo di "cassonetto più alto del mondo".

Il progetto, sviluppato dalla società nepalese Airlift Technology, ha impiegato due droni DJI FlyCart 30 per trasportare 300 chilogrammi di spazzatura dal Campo 1, a 6065 metri di altitudine. L'iniziativa non è la prima di questo tipo: il successo arriva dopo un'operazione pilota sul vicino Monte Ama Dablam, dove i droni sono riusciti a rimuovere oltre 640 chilogrammi di rifiuti. I potenti aeromobili a controllo remoto forniti dal produttore cinese DJI, hanno dimostrato di essere una soluzione rivoluzionaria per la pulizia delle alte quote. "Le opzioni disponibili fino ad oggi erano elicotteri e manodopera, senza vie di mezzo", ha spiegato Raj Bikram Maharjan, responsabile di Airlift Technology, aggiungendo che i droni offrono una valida alternativa, più efficiente ed economica.

L'impatto positivo dell'iniziativa non si limita alla rimozione dei rifiuti. Oltre a trasportare bombole di ossigeno e attrezzatura da arrampicata essenziale come scale e corde, i droni hanno anche ridotto il numero di viaggi pericolosi lungo il Khumbu Icefall, una delle sezioni più letali dell'Everest. Questa applicazione, come confermato da Tshering Sherpa del Comitato per il Controllo dell'Inquinamento, ha migliorato significativamente la sicurezza di guide e portatori. L'alpinista Nima Rinji Sherpa, detentore di diversi record, ha sottolineato come la tecnologia consenta ai team di preparazione di muoversi più agilmente e in sicurezza. "Si risparmia una quantità incredibile di tempo ed energia", ha affermato.

Grazie al successo della missione la tecnologia sarà applicata su altri picchi nepalesi. L'azienda ha già annunciato che il prossimo mese porterà i droni sul Monte Manaslu, l'ottava vetta più alta del mondo, confermando il potenziale della tecnologia non solo per usi militari e civili, ma per un impatto tangibile in campo umanitario e ambientale.

Dal punto di vista tecnico, il DJI FlyCart 30 si distingue per le sue avanzate capacità di volo in ambienti estremi. Progettato per operare fino a 6000 metri di altitudine, il drone è in grado, secondo quanto dichiara il costruttore,  di resistere a temperature comprese tra -20°C e +45°C e a venti fino a 12 m/s. Con una configurazione a doppia batteria, può trasportare un carico utile massimo di 30 chilogrammi per una distanza di 16 km, o un carico leggermente inferiore per distanze maggiori. La sua autonomia di volo a pieno carico è di circa 18 minuti, il che, unito a sistemi di sicurezza avanzati come il doppio radar e il paracadute integrato, lo rende uno strumento affidabile per missioni complesse e rischiose come quelle sulle pendici dell'Everest.

Il successo dell'operazione sul "tetto del mondo" dimostra che, in condizioni ambientali particolari e con la supervisione di operatori esperti, il drone è in grado di operare a quote leggermente superiori, come i 6065 metri del Campo 1. Questo tipo di utilizzo in alta quota, che va oltre i limiti standard garantiti dal produttore, comprova l'adattabilità del mezzo aereo a missioni estreme in cui le performance ottimali possono essere compromesse dalle condizioni atmosferiche e dalla minore densità dell'aria.

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