Un senatore repubblicano ha dichiarato domenica che gli Stati Uniti hanno proposto al presidente venezuelano Nicolás Maduro un’opzione di esilio, suggerendo come destinazione la Russia o un altro Paese, mentre cresce l’allerta per una possibile azione militare americana nella regione. Il presidente americano Donald Trump ha intensificato le minacce verso Caracas, affermando che lo spazio aereo venezuelano "dovrebbe essere considerato chiuso", mentre forze statunitensi mantengono una presenza rilevante nei Caraibi. Pur non avendo annunciato apertamente un’invasione, l’amministrazione parla di interventi imminenti per bloccare il traffico di stupefacenti "via terra". Maduro ha bollato l’aumento di mezzi statunitensi come un preludio ad un tentativo di cambiare il governo. 

Markwayne Mullin, membro della commissione per i servizi armati del Senato, ha riferito a "Cnn" di aver offerto a Maduro la possibilità di lasciare il Paese e ha ribadito che l’obiettivo ufficiale non prevede il dispiegamento di truppe in Venezuela, ma la protezione delle coste statunitensi. Da settembre gli Stati Uniti hanno condotto attacchi aerei contro presunte imbarcazioni dedite al narcotraffico nel Mar dei Caraibi e nell’Oceano Pacifico orientale, eventi che Washington attribuisce ad operazioni legate al regime e che avrebbero causato almeno 83 vittime. Il Cremlino ed altri alleati di Caracas restano nel mirino dei commenti pubblici di Washington: il senatore Lindsey Graham ha definito Maduro "leader illegittimo", ricordando le accuse di narcotraffico mosse nei tribunali statunitensi. Il rafforzamento della presenza militare include il dispiegamento della più grande portaerei al mondo nella regione, con caccia e bombardieri impegnati in voli di pattugliamento vicino alle coste venezuelane. Media statunitensi hanno inoltre riportato contatti fra Trump e Maduro, con il Wall Street Journal che ha citato discussioni su possibili condizioni di amnistia in caso di dimissioni del presidente venezuelano.